lunedì 23 luglio 2018

Non è solo Gibuti: la Nuova via della Seta arriva in Senegal


L'ingresso ufficiale del Senegal, con la firma di un accordo di cooperazione con la Belt and Road Initiative durante la visita ufficiale di Xi Jinping, segna una importante prima volta per la Cina popolare in Africa occidentale, zona tradizionalmente sotto influenza politica ed economica della Francia, ex potenza coloniale.  Va comunque detto che in quest'area Pechino è già presente con diversi progetti infrastrutturali di collegamento in aggiunta a quello che più interessa il Senegal, vale a dire l'autostrada trans-africana che va da Dakar a Gibuti: la linea ferroviaria Dakar-Bamako che rientra in un ampio quadro di accordi con il Mali, tra cui un collegamento ferroviario tra il Paese africano privo di sbocchi sul mare e il porto guineano di Conakry, e la costruzione di grandi dighe in Guinea e in Costa d'Avorio, con quest'ultima che ha ricevuto l'impegno cinese di 7,5 miliardi di dollari per investire nelle infrastrutture.

Perché per Pechino è importante coinvolgere il Senegal nella Bri? Una serie di risposte – quattro “ragioni chiave” -  la suggerisce Cornelia Tremann del Lowy Institute: il consolidamento e la stabilizzazione delle relazioni con un partner diplomaticamente instabile che è nella sua storia post-coloniale ha alternato il riconoscimento di Taiwan a quello di Pechino; si tratta di un Paese africano tra i più stabili politicamente ed economicamente, con il più alto tasso di crescita in Africa occidentale (7,5% nel 2017) dietro solo alla Costa d'Avorio, è impegnato in un piano nazionale di sviluppo ed apertura agli investimenti esteri che spinge a superare o integrare i tradizionali rapporti con Unione Europea e Francia; situato all'incrocio tra Africa Sahariana e Subsahariana, il Senegal ha in Dakar il porto in acque profonde più grande ed efficiente dell'Africa occidentale. Qui Pechino finanzia la prima Zona economica speciale (Zes) dell'area francofona e può puntare alla diffusione della propria industria e dei propri beni in Paesi legati più agli Usa e alla Francia.

mercoledì 18 luglio 2018

Tra UE e Giappone... c'è di mezzo la Bri

Il trattato di libero scambio firmato da Unione Europea e Giappone non va letto solo in funzione dell'opposizione alla politica "isolazionista" dell'Amministrazione Trump. Per Tokyo c'è anche altro che ha spinto verso la conclusione di tale accordo, vale a  dire la volontà e la possibilità di sfruttare la rete infrastrutturale e i collegamenti con l'Europa che si sono sviluppati sotto l'ombrello della Belt and Road Initiative cinese.

Come in altre occasioni - e pure in un corposo capitolo del libro - è stato evidenziato, nonostante la diffidenza del governo Abe, la volontà di portare avanti una propria strategia alternativa (in collegamento con India e Usa) e la mancata partecipazione alla AIIB, sono sempre più le grandi aziende nipponiche che sono salite sul carro della Bri, tra le quali Nippon Express che nel maggio scorso ha lanciato un servizio di spedizioni aeree e marittime verso la Cina per poi caricare le merci sulle reti ferroviarie che raggiungono il Vecchio Continente. Come scriveva su Forbes Ralph Jennings nell'aprile scorso, il Giappone "è salito a bordo in parte perché la Belt and Road Initiative aiuta le sue multinazionali ad espandersi in altri paesi. In questo modo, i grandiosi progetti di Pechino potrebbero far avanzare le più ampie ambizioni economiche di Tokyo in Asia".

martedì 17 luglio 2018

Cina e Israele nella Bri: tecnologia e infrastrutture

Come riportato in "La Belt and Road Initiative. La nuova via della seta e la Cina globale", sono molti gli studiosi che per sottolineare come Pechino si stia facendo strada nel Medio Oriente fanno riferimento allo sviluppo dei rapporti con Tel Aviv, il cui approfondimento è testimoniato dal rapido aumento degli investimenti cinesi, passati dai 50 milioni di dollari del 1992 ai 16,5 miliardi del 2016. Un incremento notevole, diretto soprattutto al settore high-tech israeliano con la costituzione di joint venture e che ha portato alla costruzione di infrastrutture come porti e gallerie. Proprio nell’high-tech si assiste ad un vero e proprio “cambiamento epocale per le aziende israeliane” che fino a poco tempo fa per i propri finanziamenti guardavano soprattutto agli Stati Uniti e all’Europa, ma che ora raccolgono sempre più fondi da investitori cinesi.

Da Diplomatic Courier
Nell'ambito Bri, nello specifico nel “Corridoio Israele-Cina”, emerge su tutti il progetto di ferrovia, conosciuto come “Red-Med”, che dovrebbe collegare Eliat, un porto a nord del Mar Rosso, con il porto di Ashdod sul Mediterraneo. Il primo dovrebbe essere sviluppato in modo da consentire l’approdo di più navi mercantili. Nel 2014, una filiale della China Harbor Engineering Company ha vinto un appalto da 950 milioni di dollari per costruire una struttura portuale a sud di Ashdod e nel 2015 lo Shanghai International Port Group ha si è aggiudicata una gara per 2 miliardi di dollari per operare nel nuovo porto di Haifa per 25 anni a partire dal 2021.

A proposito delle basi e delle prospettive della collaborazione tra Pechino e Tel Aviv, The Diplomat ospita un'intervista di Mercy Kuo a Alexander B. Pevzner fondatore del Chinese Media Center (CMC). E' quest'ultimo a sottolineare come Israele Israele si trovi "tra l'Europa e l'Asia, tra il Medio Oriente e l'Africa. In quanto tale, il suo posizionamento strategico per l'iniziativa Cintura e Strada cinese è evidente. Nel 2015 Israele è diventata membro fondatore della Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) guidata dalla Cina nel tentativo di esplorare ulteriormente i mercati asiatici. Inoltre, non solo Israele è al centro delle lontane rotte commerciali cinesi, ma la sua stabilità è l'eccezione nel turbolento Medio Oriente".

Va comunque ricordato all'esperto israeliano che l'instabilità del Medio Oriente - si veda nello specifico il caso della Siria  - è anche il frutto di precise scelte politiche di Tel Aviv, oltre che delle maggiori potenze occidentali.

venerdì 13 luglio 2018

La Tunisia entra nella Bri

Che il Mediterraneo sia uno "specchio d'acqua" sempre più strategico per il successo della Belt and Road Initative cinese è ormai evidente. 
Lo testimoniano i tanti investimenti in strutture portuali dei colossi di Pechino in Turchia, Israele, Egitto, Algeria, Spagna e pure Italia. 
Non sorprende, quindi, che il 12 luglio la Tunisia abbia firmato un Memorandum d'intesa di adesione formale alla Bri in base al quale Pechino sosterrà Tunisi nei progetti di sviluppo infrastrutturale. Poco prima della firma nel Paese africano affacciato sul Mediterraneo erano giunti sessanta vagoni ferroviari cinesi, prodotti da da Baotou Beifang Chuangye, dedicati al trasporto di cereali.

lunedì 9 luglio 2018

Verso il Corridoio Cina-Myanmar

Nonostante le preoccupazioni sempre più diffuse in Asia sud-orientale sulle conseguenze della crescente esposizioni debitoria nei confronti di Pechino, ad inizio luglio funzionari di Cina e Myanmar hanno trovato un primo accordo per un Memorandum di intesa in 15 punti sulla costruzione del Corridoio economico Cina-Myanmar come parte della Belt and Road Initiative.
Il Memorandum, che dovrebbe essere firmato dai due governi entro la fine dell'anno,  prevede i collaborazioni e consultazioni a livello ministeriale su molti settori tra cui infrastrutture di base, costruzione, produzione, agricoltura, trasporti, finanza, sviluppo delle risorse umane, telecomunicazioni ricerca e tecnologia.

Geograficamente il Corridoio parte dalla province cinese dello Yunnan per raggiungere la zona economica speciale e il futuro porto di Kyaukpyu, passando attraverso Mandalay e Rangoon.

L'importanza del Myanmar nello sviluppo della Belt and Road Initiative è da tempo nota: il Paese indocinene occupa una posizione geografica unica, all'incrocio tra Asia meridionale e Asia sud-orientale, e tra l'Oceano Indiano e la provincia cinese dello Yunnan priva di sbocco sul mare. Da una prospettiva strategica, il Myanmar è uno dei due punti di accesso diretto, insieme al Pakistan, all'Oceano Indiano per la Cina.

mercoledì 4 luglio 2018

"La Belt and Road Initiative. La nuova via della seta e la Cina globale": un'intervista sul libro.

La Nuova Via della Seta è il grande progetto della Cina del XXI secolo. Rifacendosi all’antica via commerciale del secondo secolo d.C. della dinastia Han, la Belt and Road Initiative (BRI) è un piano per la costruzione di infrastrutture di trasporto e logistiche che coinvolge decine di paesi di tutto il mondo per un valore di più di mille miliardi di dollari. Di questo ambizioso progetto ne ha parlato Diego Angelo Bertozzi in "La Belt and Road Initiative. La Nuova Via della Seta e la Cina globale" (Imprimatur). In questa intervista Bertozzi, già autore di altri volumi sul paese orientale, ha discusso sulle prospettive della BRI e sul futuro della Cina. 

1) La Nuova Via della Seta viene descritto come un progetto aperto e in costante evoluzione. Che definizione daresti della BRI e quali sono per te i suoi scopi principali? 
Della nuova via della seta esistono diverse mappe –che di volta in volta segnalano l’aggiornamento delle rotte individuate o dei progetti in essere. La prima ufficiale è stata pubblicata nel 2013, mentre l’ultima versione è del dicembre del 2016 e porta alcune novità quali una descrizione più dettagliata dei corridoi terrestri, la copertura dell’intero bacino mediterraneo lungo una linea che prosegue, senza una meta precisa, verso l’Atlantico, così come a est si aprono rotte marittime verso l’Artico e oltre l’Australia. Queste aperture indefinite, così come la maggiore specificazione dei percorsi terrestri e marittimi, vanno a confermare la natura aperta dell’intero progetto, che non segue disegni e confini prestabiliti, che si adatta di volta in volta agli accordi conclusi e che non preclude possibili nuove collaborazioni. Tentativi, verifiche sul campo, cautela e metodi d'azione non rigidi permettono di saggiare tanto le potenzialità di possibili quanto di valutare le possibili contromosse di competitori strategici. Si capisce quindi il motivo per il quale a Pechino si preferisca – certo anche per motivi propagandistici – utilizzare la parola “progetto” anziché “strategia”, più sospettosa, politicamente impegnativa e produttrice di contrasti. Di fatto ancora oggi della via della seta si conoscono bene i punti di partenza mentre dove finisca resta un sorta di mistero visto che oltre a riguardare ormai un'ottantina di Paesi, tra i quali tutti i quattordici vicini e confinanti (India esclusa), la lista include ora quelli più lontani in Africa, Sudamerica e persino America Centrale. Ritengo appropriata la defizione di “processo” data alla Belt and Road Inititative dall’European Institute for Asian Studies, proprio alla luce dell’ampliamento geografico e dell’evoluzione dei progetti: “La Bri progredisce attraverso un processo evolutivo, abbiamo già visto la sua metamorfosi da un'iniziativa focalizzata esclusivamente sull'infrastruttura verso una che ora include anche componenti industriali, tecnologici, culturali e ambientali. Allo stesso tempo, la Bri ha aumentato il suo ambito geografico spostando la sua attenzione dalla storica regione della Via della Seta a tutto il mondo. Anche i responsabili delle politiche cinesi stanno preparando per la Bri obiettivi sempre più ambiziosi; dallo sviluppo economico alla costruzione di una comunità di destino condiviso per tutta l'umanità. Di conseguenza, l'unica costante che la Bri ha mostrato è la sua propensione al cambiamento”. Quanto agli scopi la letteratura si è da tempo concentrata sulla risposta all'eccesso di produzione, sulla scalata nella catena del valore globale, sulla messa in sicurezza delle proprie frontiere e su quella delle vie di rifornimento energetico, senza dimenticare che i più accaniti avversari dell'ascesa cinese in Occidente la dipingono come nient'altro che un progetto di dominio geopolitico ordito dal Partito comunista cinese. La mia opinione è che – accanto a tutto questo – ci troviamo di fronte ad un'iniziativa complessa che ridisegna gli equilibri di potere economico e politico a livello globale, spostandone il centro in Oriente e, nello specifico, a Pechino. Una marcia complessa e complessiva accompagnata da nuove organizzazioni e istituzioni quali la Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), la Shanghai Cooperation Organization, i Brics e il Silk Road Fund. Di certo negli ultimi tempi le questioni di sicurezza trovano sempre più importanza.

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