venerdì 29 giugno 2018

Primi passi lungo la penisola coreana


Gli impegni sottoscritti ad aprile nella Dichiarazione di Panmunjom dal presidente della Corea del Sud Moon Jae-in e dal leader nordcoreano Kim Jong Un iniziano a prendere concretezza sul piano dei collegamenti infrastrutturali lungo la penisola coreana.

Giovedì 28 giugno i due governi hanno concordato di approfondire la loro cooperazione economica spingendo prima di tutto nel miglioramento dei percorsi stradali, nello specifico la Route Donghae, lungo la costa orientale, e la Route Gyeongeui, sul lato occidentale. Quest'ultima è chiamata a collegare Seoul a Pyongyang passando attraverso la città di confine (è già simbolo di collaborazione) di Kaesong.

Nei giorni precedenti le due capitali avevano già concordato di procedere al collegamento delle loro reti ferroviarie, ad est come ad ovest, così da agganciarle a quella della Transiberiana e aprire una rotta logistica verso l'Europa.

Fonte: itrailnews.co.kr
Si tratta di primi sviluppi interessanti anche per il futuro asiatico della cinese Belt and Road Initiative che vedrebbe finalmente aprirsi un'area fino ad oggi rimasta ai margini come conseguenza delle tensioni politiche-militari. Inoltre potrebbe instaurarsi un nuovo clima di collaborazione, fondato su ampi spazi di collaborazione economica.

Così si è recentemente espresso Victor Teo, dell'Università di Hong Kong e ricercatore accademico presso il Weatherhead Centre for International Affairs dell'Università di Harvard: "La posizione geostrategica della Corea del Nord rende la sua cooperazione vitale per la BRI per due importanti aspetti. Grazie alla cooperazione della RPDC, gli sforzi della BRI cinese potrebbero essere armonizzati con la "Eurasia Initiative" (EAI) della Corea del Sud - e ciò fornirebbe la spinta per la Corea del Sud, la Corea del Nord e le province della Cina del nord-est per integrarsi ulteriormente dal punto di vista economico. L'arretratezza della Cina nord-orientale è stata in gran parte attribuita alla riluttanza della Corea del Nord a impegnarsi per le riforme economiche e i piani di integrazione regionale. Se la Corea del Nord è disponibile, la Corea del Sud e la Cina contribuirebbero a finanziare investimenti infrastrutturali nella RPDC e contribuirebbero alla costruzione di collegamenti ferroviari sull'ovest (Pusan-Seoul-Shinuju-Dandong) e orientale (Pusan-Wonsan-Chongjin-Tumangang-Khasan) lungo la penisola coreana. Inutile dire che ciò avrebbe un impatto sulla redditività della regione come centro manifatturiero con la manodopera nordcoreana, le fabbriche cinesi e la competenza sud coreana. Ciò consentirebbe di esportare prodotti utilizzando il porto di Rason in Giappone e altrove: ciò aiuterebbe davvero le tre province del nord-est e la RPDC. Il secondo aspetto potrebbe essere la connessione russa: possiamo vedere gli approvvigionamenti energetici russi raggiungere non solo la Cina, ma anche facilmente le due Coree, con possibilità di esportazione verso il Giappone".

martedì 5 giugno 2018

L'Italia e la Belt and Road: Trieste e Duisburg

Quella dell'Italia è una posizione strategica, lo si ribadisce continuamente: protesa nel Mediterraneo rappresenta l'anello di congiunzione della Belt and Road, tanto nella variante terreste quanto in quella marittima. In questo quadro le sue strutture portuali rappresentano veri e propri "gioielli" agli occhi di Pechino in qualità di porte di accesso al continente europeo.
Nel giugno del 2017 Trieste e la tedesca Duisburg hanno sottoscritto un accordo di "partnership strategica" proprio sulla nuova Via della seta. Firmato dal presidente dell'Autorità portuale di Trieste Zeno D'Agostino e da Erich Staake, presidente di Duisport, l'accordo apre a Duisburg - il più grande hub internazionale attivo in Europa e porta di accesso intermodale con collegamenti fluviali e ferroviari in ogni angolo del continente, dal Mar Baltico al Mediterraneo, ma anche alla Cina - un collegamento verso il Mediterraneo e il corridoio Europa/Turchia/Iran.
Secondo AdriaPorts "quasi 25 treni a settimana collegano Duisburg al nord della Cina, mentre Trieste è collegata alla via della seta marittima attraverso il canale di Suez. 
Con questo accordo, lo scalo della regione Friuli Venezia Giulia e il porto situato alla confluenza del Reno e della Ruhr (due dei principali fiumi navigabili in Europa) saranno in grado di aumentare il traffico ferroviario all'interno delle piattaforme logistiche secondo ad un progetto comune".

venerdì 1 giugno 2018

Intanto nella penisola arabica...

Dell'importanza dell'Oman lungo la nuova via della seta, faccio ampiamente riferimento nel mio libro.
Nei giorni scorsi tale importanza è stata formalizzata con la firma di un Memorandum d'Intesa con la Cina proprio sulla Belt and Road: Pechino è il più grande importatore di petrolio dell'Oman e molti sono gli investimenti cinesi presenti, tanto che l'ex villaggio di Duqm è destinato a diventare un importante hub portuale, all'interno di una zona economica speciale.

Pakistan: un primo grande passo per la Bri

E' stato aperto al traffico il primo tratto (33 km) dell'autostrada a sei corsie che, entro l'agosto del 2019, collegherà la città portuale di Karachi a Peshawar.
Costruita dalla cinese China State Construction Engineering e finanziata per l'85% da prestiti cinesi, rappresenta il principale progetto di infrastrutture di trasporto nell'ambito del Corridoio economico Cina-Pakistan, a sua volta asse fondamentale della Belt and Road Initiative.

Libro: "La Belt and Road Initiative. La nuova via della seta e la Cina globale"

Tutte le strade porteranno a Pechino? Aveva ragione Mao quando ammoniva che il “vento dell’Est” avrebbe prevalso su quello dell’Ovest? Potremmo rispondere positivamente se guardassimo al treno merci (chiamato proprio “East Wind”) che, proveniente dal gigantesco bazar di Yuwu, nel gennaio del 2017 ha raggiunto Londra al termine di un viaggio durato 16 giorni lungo un percorso di 7.500 miglia attraversando, prima di correre lungo il canale della Manica, Kazakistan, Russia, Bielorussia, Polonia, Germania, Belgio e Francia. Si tratta ormai di un dei tanti percorsi ferrati che collegano l’ex Celeste impero al Vecchio continente e che meglio di tutti rendono l’idea di cosa si cela dietro l’espressione “Nuova Via della seta”.

 Ufficializzato dal presidente dal presidente Xi Jinping (il “core leader” della quinta generazione di governo comunista) alla fine del 2013 prima durante una conferenza all’Università Nazarbaev di Astana in Kazakistan e poi al parlamento indonesiano a Giacarta, quello della Nuova Via della seta (“Belt and Road Initiative” - Bri ne è il diffuso acronimo) è certamente il progetto strategico più importante ideato dalla Cina popolare, tanto da essere considerato da taluni come il più ambizioso della storia o da altri, più prosaicamente, una sorta di piano Marshall in variante cinese per sviluppare infrastrutture in Asia (la Banca di sviluppo asiatica stima un bisogno di 26 miliardi di dollari in investimenti entro il 2032) e lungo tutta la massa continentale euroasiatica. E per questo guardato con sospetto e preoccupazione in Occidente, come una vera propria sfida egemonica destinata a riscrivere le regole (non solo economiche) globali e a modificare gli sviluppi del processo impetuoso della globalizzazione dando maggiore peso alle richieste e alle esigenze dei Paesi in via di sviluppo, ancora impegnati nella lotta contro la povertà.

Le strutture economiche e politiche per dare concretezza sono già operative o stanno compiendo i primi passi: sono quelle legate ai Brics, con relativa Banca per lo sviluppo, la Shanghai Cooperation Organization, così come la Asian Infrastructure and Investment Bank (AIIB) e lo specifico Fondo per la Via della seta, per non parlare della grandi banche statali cinesi che lo alimentano e della aziende di Stato sempre più in grado di tenere testa alla concorrenza globale su tutti i continenti. Per Pechino la “Belt and Road Initiative”, nel recuperare il nome dell’antico tragitto commerciale e culturale che a partire dal II secolo d.C. collegava la Cina al Mediterraneo e all’Africa, passando per l’Asia centrale e quello che oggi è il Medio Oriente, è legata a doppio filo alla realizzazione del “Sogno cinese”, vale a dire la restituzione al Paese del suo ruolo di potenza mondiale, lasciandosi definitivamente alle spalle il “secolo delle umiliazioni”. Scopo del libro è quello di analizzare origini (lontane e vicine), attualità e possibili sviluppi della New Silk Road, intrecciando il piano internazionale con quello interno di una Cina ancora impegnata in un percorso di riforme politiche ed economiche e che ormai rivendica il proprio ruolo di potenza globale; di affrontare le sfide, anche geopolitiche (il terrorismo, le tensioni in Asia, le minacce di guerra, il confronto con gli Stati Uniti), che possono rallentare o contrastare il suo sviluppo; infine di segnalare le opportunità che si aprono anche per l’Italia che si affaccia su un Mediterraneo ormai teatro della crescente presenza di Pechino.

IL LIBRO 
La Belt and Road Initiative. La nuova via della seta e la Cina globale.
Diego Angelo Bertozzi Imprimatur, 2018