1) La Nuova Via della Seta viene descritto come un progetto aperto e in costante evoluzione. Che definizione daresti della BRI e quali sono per te i suoi scopi principali?
Della nuova via della seta esistono diverse mappe –che di volta in volta segnalano l’aggiornamento delle rotte individuate o dei progetti in essere. La prima ufficiale è stata pubblicata nel 2013, mentre l’ultima versione è del dicembre del 2016 e porta alcune novità quali una descrizione più dettagliata dei corridoi terrestri, la copertura dell’intero bacino mediterraneo lungo una linea che prosegue, senza una meta precisa, verso l’Atlantico, così come a est si aprono rotte marittime verso l’Artico e oltre l’Australia. Queste aperture indefinite, così come la maggiore specificazione dei percorsi terrestri e marittimi, vanno a confermare la natura aperta dell’intero progetto, che non segue disegni e confini prestabiliti, che si adatta di volta in volta agli accordi conclusi e che non preclude possibili nuove collaborazioni. Tentativi, verifiche sul campo, cautela e metodi d'azione non rigidi permettono di saggiare tanto le potenzialità di possibili quanto di valutare le possibili contromosse di competitori strategici. Si capisce quindi il motivo per il quale a Pechino si preferisca – certo anche per motivi propagandistici – utilizzare la parola “progetto” anziché “strategia”, più sospettosa, politicamente impegnativa e produttrice di contrasti. Di fatto ancora oggi della via della seta si conoscono bene i punti di partenza mentre dove finisca resta un sorta di mistero visto che oltre a riguardare ormai un'ottantina di Paesi, tra i quali tutti i quattordici vicini e confinanti (India esclusa), la lista include ora quelli più lontani in Africa, Sudamerica e persino America Centrale. Ritengo appropriata la defizione di “processo” data alla Belt and Road Inititative dall’European Institute for Asian Studies, proprio alla luce dell’ampliamento geografico e dell’evoluzione dei progetti: “La Bri progredisce attraverso un processo evolutivo, abbiamo già visto la sua metamorfosi da un'iniziativa focalizzata esclusivamente sull'infrastruttura verso una che ora include anche componenti industriali, tecnologici, culturali e ambientali. Allo stesso tempo, la Bri ha aumentato il suo ambito geografico spostando la sua attenzione dalla storica regione della Via della Seta a tutto il mondo. Anche i responsabili delle politiche cinesi stanno preparando per la Bri obiettivi sempre più ambiziosi; dallo sviluppo economico alla costruzione di una comunità di destino condiviso per tutta l'umanità. Di conseguenza, l'unica costante che la Bri ha mostrato è la sua propensione al cambiamento”. Quanto agli scopi la letteratura si è da tempo concentrata sulla risposta all'eccesso di produzione, sulla scalata nella catena del valore globale, sulla messa in sicurezza delle proprie frontiere e su quella delle vie di rifornimento energetico, senza dimenticare che i più accaniti avversari dell'ascesa cinese in Occidente la dipingono come nient'altro che un progetto di dominio geopolitico ordito dal Partito comunista cinese. La mia opinione è che – accanto a tutto questo – ci troviamo di fronte ad un'iniziativa complessa che ridisegna gli equilibri di potere economico e politico a livello globale, spostandone il centro in Oriente e, nello specifico, a Pechino. Una marcia complessa e complessiva accompagnata da nuove organizzazioni e istituzioni quali la Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), la Shanghai Cooperation Organization, i Brics e il Silk Road Fund. Di certo negli ultimi tempi le questioni di sicurezza trovano sempre più importanza.Prosegui con l'intervista completa
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